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MEIJI, EPOCA
(1868-1912). Periodo della storia giapponese che corrisponde al regno dell'imperatore Mutsuhito. Meiji, nome dell'era e nome rituale dell'imperatore, vuol dire Governo illuminato. Con esso ebbe inizio il processo di modernizzazione del Giappone contemporaneo, con l'abolizione del regime feudale (epoca Tokugawa) e l'instaurazione dello stato moderno, l'inizio della rivoluzione industriale e l'assurgere del Giappone a potenza mondiale. Dopo la restaurazione Meiji, la coalizione dei quattro han (feudi) di Satsuma, Choshu, Tosa e Hizen, vittoriosi nella breve guerra civile contro i sostenitori dello shogunato, diede inizio alle riforme dall'alto che portarono alla formazione dello stato accentrato di tipo moderno: in un primo tempo, nel 1869, i daimyo restituirono formalmente il potere politico all'imperatore, pur restando governatori dei loro feudi, poi, nel 1871, venne portato a termine l'accentramento burocratico con l'abolizione degli han e l'istituzione delle prefetture. Il nuovo governo, sotto la guida dei giovani samurai autori della restaurazione, dava vita alle istituzioni cardine dello stato moderno, con la creazione di un esercito basato sulla coscrizione nazionale (1873), l'adozione di un sistema scolastico aperto a tutti gli strati della popolazione (1872) e l'abolizione del sistema di ceti ereditari e dei privilegi dei samurai, i cui stipendi vennero liquidati e commutati in buoni fruttiferi dello stato. Contemporaneamente il governo favorì l'adozione di molti elementi della civiltà occidentale e, con la creazione di imprese modello gestite dallo stato, si impegnava in un ambizioso programma di sviluppo economico finalizzato al rafforzamento militare contro la minacciosa penetrazione dei paesi occidentali nell'area. Per far fronte alle esigenze di bilancio veniva poi attuata, a partire dal 1873, la riforma dell'imposta fondiaria, che da imposta variabile in natura commisurata al raccolto divenne un'imposta fissa in denaro commisurata al valore catastale del terreno; contemporaneamente veniva istituito il diritto di proprietà e di libera compravendita dei terreni, stimolando così la diversificazione della popolazione contadina in proprietari terrieri e affittuari. Il nuovo stato dovette però far fronte a rivolte locali, sia da parte della popolazione contadina che da parte dei samurai ostili alle riforme. All'interno dello stesso governo si verificò una contrapposizione tra i fautori dell'accentramento e del razionalismo burocratico e i sostenitori delle autonomie regionali e del ruolo egemone dei samurai, che sfociò nell'insurrezione di Satsuma (1877), che contrappose i due leader originari di questo han, Okubo Toshimichi, capo del governo, e Saigo Takamori, capo carismatico dei ribelli. Le fazioni burocratiche più forti, quelle di Satsuma e Choshu, causarono poi l'uscita dal governo dei leader delle fazioni più deboli, come Itagaki Taisuke di Tosa e Okuma Shigenobu di Hizen, i quali fondarono i primi partiti di opposizione, rispettivamente il Jiyuto (Partito liberale) e il Kaishinto (Partito progressista), coalizzati nel Movimento per la libertà e i diritti civili, che ottenne l'appoggio dei nuovi ceti emergenti (proprietari terrieri e nascente borghesia imprenditoriale e professionale) nella richiesta di una costituzione democratica e del regime parlamentare. L'oligarchia Meiji rispose con la concessione della "costituzione dell'era Meiji", elaborata da Ito Hirobumi sul modello prussiano, che, pur aprendo la strada al governo rappresentativo, garantiva l'esercizio del potere alle fazioni burocratiche in nome della sovranità imperiale e limitava fortemente i poteri di un parlamento eletto a suffragio ristretto e bilanciato da una Camera dei pari di nomina imperiale. Queste strutture permettevano all'oligarchia Meiji di instaurare in seno alla dieta rapporti di collaborazione con i partiti, per ottenere, attraverso la mediazione dei notabili da essi rappresentati, il consenso nazionale alla loro politica di rapido sviluppo economico e militare in vista dell'espansione nei confronti dei vicini paesi asiatici. Già a partire dagli anni ottanta era infatti iniziato un rapido sviluppo dell'industria privata, stimolato dalla cessione a privati, poi fondatori degli zaibatsu (gruppi finanziari monopolistici), delle imprese modello sino allora gestite dallo stato, mentre la politica deflazionistica del ministro delle Finanze Matsukata Masayoshi, aggravando la condizione delle famiglie contadine, favoriva il trasferimento di manodopera, soprattutto femminile, dall'agricoltura alla nascente industria tessile, dove i bassi livelli salariali e il rigido sistema di controllo delle lavoratrici, basato sul dormitorio aziendale, assicuravano la competitività dei manufatti giapponesi sui mercati asiatici. Nel contempo il governo Meiji, mentre da un lato era impegnato in difficili trattative diplomatiche con i paesi occidentali per la revisione dei Trattati ineguali (che limitavano la sovranità nazionale per la clausola della extraterritorialità nei porti aperti e, attraverso la clausola della limitazione dell'autonomia doganale, lo privavano della capacità di difendere le proprie industrie nascenti mediante tariffe protettive), dall'altro cercava di trarre vantaggio da una serie di azioni espansionistiche nei confronti dei paesi dell'Asia orientale tradizionalmente rientranti nell'orbita cinese, non di rado ergendosi a loro difensore contro la minaccia occidentale. Il contrasto con la Cina per l'egemonia sulla Corea portò alla guerra cino-giapponese del 1894-1895, vinta la quale il Giappone divenne una grande potenza ottenendo nel frattempo l'abolizione della clausola della extraterritorialità da parte della Gran Bretagna (con cui nel 1902 stipulò un trattato di alleanza in funzione antirussa). Grazie all'ingente indennità di guerra pagata dalla Cina il paese poté poi passare alla convertibilità aurea dello yen, che favorì l'importazione dei capitali esteri necessari al proprio sviluppo. Fattosi riconoscere come gendarme dell'estremo Oriente grazie alla partecipazione alla spedizione contro i boxer (1900), il Giappone si affermò poi, con la vittoria nella guerra russo-giapponese del 1904-1905, nel ruolo di potenza imperialistica egemone nell'area, dove nei decenni successivi creò un vasto impero coloniale che comprendeva l'isola di Taiwan, la Corea e la Manciuria.

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